L’Istituto, la Domus, l’Aula Magna, Veronica Gambara

L’ISTITUTO

L’Istituto copre più di 150 anni di storia e ha contribuito a formare intere generazioni di giovani bresciani, inserendosi a pieno titolo nel tessuto socio-culturale della città.

Nato nel 1860 come Scuola Normale per allieve maestre (R.D  n. 4320),  inizialmente fu collocato nell’ex convento di S. Paolo, ma già dal 1878 occupò l’attuale sede, in via Gambara, nei locali dell’ex convento dello Spirito Santo e fu intitolato, dal 1892, alla poetessa bresciana Veronica Gambara. Nel 1896, subì il riordino che prevedeva un ciclo di studi di sei anni e furono inoltre annessI un giardino d’infanzia e un corso elementare per la pratica di tirocinio.

Grazie anche a questa riforma, la popolazione della scuola crebbe incessantemente fino allo scoppio della prima guerra mondiale, tanto che nel 1915/16 le allieve iscritte erano quasi 1200. Durante il conflitto, la sede di via Gambara fu data in uso alle forze armate e l’istituto subì ben undici traslochi, fino a quando non trovò collocazione, dal 1919 al 1925, a palazzo Poncarali Oldofredi, in Corso Magenta,  divenuta poi sede del Liceo Classico Arnaldo, per poi tornare ad occupare i locali di via Gambara.

Con la riforma Gentile, la scuola si trasformò in Istituto Magistrale, diviso in inferiore e superiore, e il percorso di studi venne articolato in 4 anni. Negli anni ’30 il Gambara arrivò ad ospitare fino a 1145 allievi.  Nel 1940, con la legge Bottai, fu eliminato l’istituto magistrale inferiore per conferire a quello superiore una durata di quattro anni. Negli anni ’50 gli ambienti della sede iniziarono a rivelarsi insufficienti e la scuola fu costretta a creare varie succursali, l’ultima di queste in via Bonini.

Dal 1969 la scuola magistrale iniziò a comprendere anche il quinto anno di studi,necessario per l’accesso all’Università. Nel 1997 venne soppresso definitivamente l’Istituto Magistrale e il Liceo Gambara si adattò molto velocemente alle nuove riforme; nel 1992 nacquero il “Liceo socio-psico-pedagogico” e il “Liceo linguistico”. Nel biennio 1998/2000 si formò il “Liceo delle scienze sociali”. Infine, dal 2000 al 2005, furono realizzate due versioni sperimentali dell’indirizzo sociale: il “Liceo umanistico” , il “Liceo musicale” e il “Liceo coreutico”. Con la riforma Gelmini del 2010 si è arrivati alla definitiva attuale divisione dei tre licei delle Scienze umane, Linguistico e Musicale.

(tratto da G.Spinelli, Dalla Scuola Normale per allieve maestre al Liceo, in Occhi lucenti e belli, Celebrazione del 150esimo anno dalla fondazione dell’Istituto, a c. della Commissione Cultura e della Biblioteca dell’Istituto 2010)

I PRESIDI DELL’ISTITUTO

Cocchetti prof. Carlo (1860-84); Nervi prof. Giuseppe (1884-98); Girardi prof. Enrico (1898-99); Pergami prof. Giuseppe (1900-01); Sandri prof. Luigi (1902-15); Battinelli prof. Nicola (Pres. Inc.) (1915-16); Saita prof. Luigia (1916-24); Bello prof. Giuseppe (1924-25); Faccio prof. Mario (1925-26); Angelitti prof. Riccardo (1926-27); Garassini prof. G. Battista (1927-34); Da Rios prof. Luigi Sante (1934-36); Gallarotti prof. Arturo (1936-53); Raineri prof. Daniele (Pres. Inc.) (1953-54); Zorzut prof. Rodolfo (1954-60); Ragazzoni prof. Aldo (1960-69); Venturoli prof. Teresa (Pres. Inc.) (1969-71); Bambara prof. Gino (1971-73); Penati prof. Giancarlo (1973-82); Colosio prof. Giuseppe (Pres. Inc.) (1982-83); Carbonelli prof. Nicolino (1983-84); Guarnieri prof. Arnaldo (1985-1989); Bertagna prof. Giuseppe (1989-6/2/94) sostituito da Santoro prof. Francesco (incaricato 1989/90), da Montanini prof. Arturo (incaricato 1990/92), da Melzani prof. Graziano (assegnaz. provv. 1992/1993); Melzani prof. Graziano (1994-2008 DS dal 2000/01); Coppini prof.ssa Giulia (2008-09); Spinelli prof. Giovanni (2009-21); Schiffo prof.ssa Patrizia (2021-…)

LA DOMUS

La domus di via Gambara è uno dei più significativi esempi di edilizia residenziale a Brescia e nell’Italia settentrionale. Risale agli ultimi decenni del I secolo d.C, un periodo di grande fervore edilizio per la città. È stata rinvenuta casualmente nel 1921, nel corso di lavori edili per la costruzione e l’ampliamento della scuola. Le strutture sono poi state indagate nei periodi successivi, fino agli anni ’70. Attualmente sono in corso lavori di restauro e dell’ampia residenza sono visibili solo due pavimenti a mosaico relativi a un triclinio invernale e a una sala studio o di riposo.

I due pavimenti presentano mosaici geometrici con motivi a stelle, scacchiere e rettangoli. I più grandi sono caratterizzati da un serrato ripetersi di motivi a ‘stuoia’ in bianco e nero che imitano i più costosi modelli in lastre di marmo, adoperati in genere negli edifici pubblici. Di grande eleganza formale il gioco di contrasti cromatici tra le due diverse risoluzioni compositive, in cui prevalgono il bianco sul nero e viceversa.

GALLERIA FOTOGRAFICA

L’AULA MAGNA

Situato nell’angolo sud-est dell’odierno liceo Veronica Gambara v’è il vestibolo della ex chiesa di Santo Spirito. Fino al 2003 lo spazio era adibito a palestra dell’istituto, oggi invece è recuperato ad aula magna e spazio per conferenze.
Le decorazioni sino alla trabeazione sono andate perdute, rimangono però i dipinti e gli stucchi dorati della volta, i quali incorniciano il simbolo dello Spirito Santo, e delle cappelle che danno sulla grande aula centrale.
Il coro della chiesa, al primo piano, è oggi una grande aula accessibile tramite scale; la sua presenza è attestata da una apertura a grata, visibile dalla navata.

La storia

SETTECENTO
La chiesa, al tempo già dotata di un vestibolo, era compresa nella struttura d’un monastero benedettino.
Nel 1741 la decorazione è stata interamente rifatta e le scelte iconografiche rimandano alle figure archetipiche dell’ordine (San Benedetto, Santa Scolastica), alla conversione e ai benefici che l’uomo deve trarre dall’Eucarestia, espressi dalle Virtù.
Del precedente stile, purtroppo, non si hanno notizie.
L’esecuzione dei dipinti fu affidata ai pittori bolognesi Francesco Monti e Giovanni Zanardi, figurista l’uno e quadraturista l’altro, che a Brescia hanno decorato, insieme, anche la chiesa della Pace.
Le strutture marmoree degli altari, oggi completamente perdute insieme agli arredi del monastero, sembrano essere ancora presenti alla fine dell’Ottocento come risulta da stime risalenti al 1804.

OTTOCENTO
Il 27 giugno 1797 il monastero venne soppresso e diventò proprietà del Demanio che lo utilizzò come ospizio per le religiose, più che come vero e proprio convento. Da un atto di vendita a privati del 1812 risulta che nel convento erano presenti Monache Terziarie Minime di San Francesco.
Dopo la cacciata Austriaca, i gesuiti riuscirono a rientrare in possesso dello stabile.
La chiesa con abside era dotata di sacrestia, oggi non più esistente.
Da altre stime risalenti sempre agli anni ’40 risulta che l’area dell’ex chiesa era suddivisa in porzioni destinate ad una scuola per sordo-muti.
Presso l’Archivio di Stato sono conservati dei rilievi datati 1879 (schizzi a mano libera, non in scala, con trascrizione di misure) certamente realizzati per redigere un progetto di riorganizzazione dell’edificio in funzione della nuova destinazione d’uso: quello di Scuola Normale Femminile

NOVECENTO
Nell’Annuario del Gambara pubblicato nel 1960: “… scoppiò la prima guerra mondiale. Il locale fu dato ai bombardieri. La scuola andò in frammenti; subì undici traslochi; fu divisa in cinque edifici”.
Nel primo Dopoguerra, però, e precisamente nel 1921, si intraprendono nuovi lavori edili che prevedono il prolungamento di un’ala dell’edificio.
Il nuovo corpo architettonico divide in due il grande cortile che acquista un aspetto più razionale e regolare.
Il corpus architettonico della chiesa rimane pressoché invariato.

L’ICONOGRAFIA

REPERTORIO ICONOGRAFICO

La decorazione della chiesa è tipicamente barocca, fantasiosa e sgargiante.
Sono numerosi i trompe-l’oeil, come anche le ostentazioni decorative come cornici dorate e stucchi.
A Giovanni Zanardi è affidato il compito di organizzare lo spazio decorativo: suoi sono gli artifici prospettici del vestibolo (il finto catino che dilata lo spazio verso l’alto) e della parete sinistra (il finto lunettone e le finte finestre che ripropongono specularmene le reali aperture della parete di destra).
Francesco Monti dipinge invece tutte le figure incorniciate dai medaglioni dorati. Come si è già accennato, i temi iconografici rimandano ai Santi e alle Virtù.
Vi sono raffigurate le tre Virtù Teologali e le quattro Virtù Cardinali: i simboli che le caratterizzano sono spesso rielaborati in gusto barocco.

Nei medaglioni collocati ai quattro angoli, alcuni putti mostrano simboli che rimandano alle virtù cui si impegnano le monache nel prendere i voti.
Si notano inoltre due colombe, simbolo della Castità (animali che secondo la leggenda, una volta separati, non prendono un altro compagno).
Lungo la navata, sopra gli archi delle due cappelle laterali, due medaglioni che si fronteggiano propongono figure e attributi che non si riferiscono solo alla Giustizia e alla Fortezza (come scrive E. Monti) ma a tutte e quattro le Virtù Cardinali.

Al centro della volta è l’Incoronazione della Vergine affiancata dalle figure di Cristo, a destra, e Dio a sinistra.
Nel medaglione verso il presbiterio San Benedetto, fondatore dell’ordine monastico che prende il suo nome, vede la sorella Scolastica, in abiti monacali, salire al cielo.
Più in basso un angelo porta un pastorale e due puttini una Mitra.
Accanto a Benedetto spunta inoltre un corvo con un pane nel becco, anche questo attributo del santo.
Nel vestibolo i due episodi raffigurati nei cammei dei sopraporta rappresentano probabilmente “la pesca miracolosa”(Luca, 5, 1-11).

VERONICA GAMBARA

Poetessa tra le più note del Cinquecento italiano, Veronica Gambara nacque a Pratalboino, vicino Brescia, nel 1485. Figlia del conte GianFrancesco Gambara e Alda Pia dei principi di Carpi, apparteneva ad un’aristocratica famiglia, di origine longobarda, i cui esponenti si distinsero per la loro posizione politica ghibellina e filofrancese. Accanto al prestigio politico, la piccola corte di Pralboino fin dal XV secolo si atteggiò a mecenatismo e ad aperture culturali, adeguandosi perfettamente al modello umanistico delle corti italiane.

La stessa Veronica venne educata secondo una raffinata educazione umanistica, studiando il latino, il greco, la filosofia e la teologia. Fin dalla fanciullezza, Veronica ebbe un’inclinazione alle lettere grazie all’ambiente culturalmente aperto in cui crebbe e all’amicizia famigliare con Trissino, a cui Veronica scriveva lettere di tenerezza, con Bembo, che le dedicava poesie piene di ammirazione, e con Matteo Bandello, che le dedicò una novella.
Lo studio, la riflessione e la filosofia  furono passioni costanti nella sua vita. Grazie all’amicizia con Isabella d’Este, studiò anche musica, cimentandosi nel genere della barzelletta e della ballata, e scrisse poesie ispirate alla sua visione bucolica e amorosa della vita, secondo il modello petrarchesco codificato dal Bembo.

A ventiquattro anni sposò Gilberto X, signore di Correggio ( il cui amore cantò in Occhi lucenti e belli), da cui ebbe due figli, Ippolito e Gerolamo. Dopo la morte del marito, nel 1518, vestì sempre di nero, obbligò al nero i suoi cortigiani e sulla porta dei suoi appartamenti privati fece incidere i versi di Didone che giuravano fedeltà al marito.

Dimostrò di essere, però, anche donna di temperamento, occupandosi del governo di Correggio, assicurando una solida carriera ai due figli e coltivando importanti amicizie politiche: Carlo V fu ospite di Veronica il 23 marzo 1530.

Amica e corrispondente dei principali uomini di lettere dell’epoca (Bembo, Ariosto, Aretino), continuò a coltivare la poesia, sempre più centrata su tematiche religiose nell’ultimo periodo.

MorÌ il 13 giugno del 1550.

Le rime

Veronica è definita capostipite della poesia femminile del ‘500 in Italia. L’esercizio poetico, infatti, accompagnò tutta la sua vita, esprimendo in gioventù la possibilità di esprimere le emozioni interiori e, in età matura, l’adesione consapevole a un’ ideale comunità di letterati.

Secondo i canoni imperanti dell’epoca, dettati dal Bembo, che fu suo amico e mentore, Veronica scelse di utilizzare le forme metriche tradizionali, per lo più sonetti, di ispirazione petrarchista, senza trascurare madrigali, ballate,odi.

Le sue poesie esprimono i sentimenti interiori e trattano di  temi eterogenei quali l’amore, con i risvolti psicologici di gioia e infelicità, gli eventi della vita, personaggi e fatti celebri, la contemplazione della natura, ma anche tematiche religiose come la  riflessione su verità teologiche cristiane, come il tema della grazia e della predestinazione, anticipando gli anni successivi della Controriforma.

Veronica è un’autentica ed originale artista in possesso di una consapevole poetica. Il verso più bello è quello dove emerge la natura riflessiva, contemplativa della Nostra; esso fluisce con dolcezza aspirando agli ideali più elevati.

Per cogliere al meglio la specificità della poesia di Veronica si riporta la serie delle Stanze, componimenti in ottave ai quali la poetessa-filosofa affida le sue riflessioni, costituendo un piccolo trattato in versi.

Il trait d’union è rappresentato dal risveglio della natura in primavera, che suggerisce riflessioni sulla brevità della vita e sulla fugacità del tempo che produce nell’uomo la perdita della speranza, mentre nella natura si riproduce l’eterno miracolo della rinascita. Nonostante questo però, l’uomo insegue affetti e preoccupazioni che rendono ancora più dolorosa la vita, pur breve e limitata.

“Così si fugge il tempo, e col fuggire

Ne porta gli anni e ‘l viver nostro insieme;

Chè a noi, voler del ciel, di più fiorire,

Come queste faran, manca la speme,

Certi non d’altro mai che di morire,

O d’alto sangue nati o di vil seme;

Né quanto può donar felice sorte

Farà verso di noi pietosa morte.”

I mali, secondo Gambara, cominciano con la nascita dell’ambizione e dell’invidia. L’uomo dovrebbe studiare e seguire la virtù che, sola, l’onora e lo eterna; con questo proposito Veronica chiude la serie di ventisette Stanze.

“Chi vive senza mai sentir riposo

Lontano da la dolce amata vista;

Chi a se stesso divien grave e nojoso

Sol per un guardo o una parola trista;

Chi da un novo rival fatto geloso,

Quasi a par del morir si dole e attrista

Chi si consuma in altre varie pene

Più spesse assai de le minute arene.”

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Occhi lucenti e belli. Celebrazione del 150° anno dalla fondazione dell’Istituto. 1860-2010, a c. della Commissione Cultura e della Biblioteca d’Istituto

AA.VV., Profili di donne nella storia di Brescia, a c. di F. Balestrini, Giornale di Brescia, 1986

D.Pizzagalli, La signora della poesia. Vita e passione di Veronica Gambara, artista del Rinascimento, Rizzoli, 2004

Veronica Gambara e la poesia del suo tempo nell’Italia settentrionale. Atti del convegno, Brescia-Correggio, 17-19 ottobre 1985

L.Vettor, Sulle tracce dell’antico monastero. Lavoro di ricerca della classe 4D Liceo Linguistico-opzione Beni culturali anno scolastico 2004/2005

La storia della scuola

L’Istituto copre più di 150 anni di storia e ha contribuito a formare intere generazioni di giovani bresciani, inserendosi a pieno titolo nel tessuto socio-culturale della città. Vedi la storia completa alla sezione La Storia